Ritorno al Boccalatte

Dopo 34 anni, la stessa emozione

Sin dalla partenza il rifugio è davanti ai miei occhi, la collocazione è ardita, verticale, apparentemente inaccessibile, il cuore accelera, i muscoli si tendono, l’impazienza e la curiosità di raggiungerlo aumenta, tutto esattamente come 34 anni prima…una vita.

E’ il Rifugio Boccalatte-Piolti, celeberrimo itinerario valdostano nella meravigliosa Val Ferret, una vera icona della storia della Valle d’Aosta, uno dei più vecchi e amati di questa Regione.
Lo raggiunsi per la prima volta poco più che ragazzo, in una giornata dal clima infame e dentro di me scoccò la scintilla della passione per la montagna, che dopo oltre tre decenni non si è ancora spenta.

Durante questi anni ero tornato più volte a respirare la sua straordinaria atmosfera, compreso un bellissimo pernottamento tre stagioni orsono, in occasione della sua apertura dopo anni di abbandono.
La novità della mia ultima recente visita è stata la salita in completa solitudine.
Un’ora e ventinove minuti di salita, ricordi, emozioni, sensazioni, durante la quale tutta la vita è passata davanti ai miei occhi.

Il Boccalatte rappresenta, a livello escursionistico, una salita piuttosto selettiva sia per il dislivello (1210 m), che per le difficoltà tecniche ed ambientali che si vanno ad affrontare.
La partenza è da Planpincieux (m. 1590), durante la prima fase, fino a quota 2000 l’ascensione non presenta particolari difficoltà, con un magnifico colpo d’occhio sul Monte Bianco.

Giunti ad un primo torrente da guadare, lo scenario muta radicalmente.
Attraversatolo nel punto più favorevole, se ne presenta immediatamente un secondo e la nostra avventura assume connotati decisamente verticali.
Subito dopo il secondo guado, alcune corde fisse aiutano la progressione sulle roccette a volte friabili, che richiedono attenzione.

A quota 2200 siamo di fronte alla celebre scala metallica, piuttosto aerea ma non problematica, soprattutto in salita.
Sempre su pendenze più che ragguardevoli, si ritorna a camminare seguendo fedelmente il filo di cresta della morena, al cospetto degli incombenti seracchi delle magnifiche Grandes Jorasses (m. 4205), probabilmente il Quattromila più difficile dell’intero Arco Alpino, anche per quanto riguarda la via normale.

La sagoma del Boccalatte è vicina, la mente ritorna al passato, tanto è cambiato, lo zaino si è arricchito di esperienze, emozioni, dolori, gioie e consapevolezza, ma il fuoco di quella passione è rimasto incrollabilmente immutato.
La mia vera primordiale essenza non è stata scalfita da tutti gli accadimenti, da tutte le interferenze esterne.

Sui canaponi del ripidissimo pendio finale, in forma come non mai, con la mia attrezzatura moderna e modaiola, salgo al fianco di quel ragazzo che 34 anni fa iniziava la sua avventura, con pesantissimi scarponi dai lacci rossi, il maglione di lana a trecce…e tanta innocenza.

Al traguardo non sono solo, tutta l’emozione è nell’abbraccio con quel ragazzo, che rimarrà sempre con me.

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4 Comments

  1. io, che ho avuto il piacere e l’onore di essere molte volte compagno di avventura di entrambi i ragazzi, non posso che togliermi il cappello davanti a tanta passione, testimone del fatto che è tutta vera. Complimenti per l’ultima foto, sembra quasi la discesa insieme dei due “Federico” dai canaponi del Boccalatte.

  2. complimenti, una descrizione fatta davvero con il cuore lascia trasparire tutta l’emozione e la passione per la montagna e per questo percorso in particolare

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