La Vetta

Dalla conquista delle grandi montagne ai piccoli traguardi quotidiani: ognuno di noi ha una Vetta, un traguardo…e un punto di partenza.

Il fascino della Vetta, ogni camminatore, escursionista o alpinista lo subisce.
Da secoli l’uomo va alla conquista delle montagne, un’attrazione quasi irresistibile, spesso irrazionale.
La disponibilità a mettere anche in gioco la propria vita per raggiungere una cima, non credo sia solo confronto coi propri limiti o desiderio di primeggiare; c’è qualcosa di più profondo, di primordiale, una spinta verso l’assoluto.
Naturalmente la reazione dopo la conquista di una Vetta non è sempre la stessa ed è comunque molto soggettiva. Dipende dalla sua importanza, dal suo significato, dalle difficoltà incontrate per raggiungerla.

Entrano in gioco le condizioni ambientali, i compagni di cordata, la propria forma fisica; sono un’infinità le variabili che influenzano l’approccio ad una Vetta. Nel mio caso, un aspetto non è mai cambiato in questi trent’anni di escursioni: l’intima soddisfazione di un traguardo raggiunto con le proprie forze, un sentimento che si rinnova e si rafforza ogni volta.
Durante i secoli, le vette del pianeta sono state in gran parte popolate da simboli religiosi, come se salire di qualche migliaio di metri potesse far sentire la presenza di Dio più vicina. Dio è ovunque, nell’aria che respiriamo, in un fiore che sboccia, negli occhi dei nostri figli; Dio è nella forza di andare avanti, giorno dopo giorno, senza mai mollare.

Monte Bianco e Cervino
img-20161024-wa0021La conquista delle grandi montagne ha origini antiche: la prima ascensione per il versante francese del Monte Bianco (m. 4810) risale addirittura al 1786. Una salita da veri pionieri, da parte dei francesi Jacques Balmat e Michel Gabriel Pascal; privi degli occhiali protettivi per il sole, persero quasi l’uso della vista durante la discesa.
Nel secolo successivo fu la volta del Cervino (m. 4478), la cui sagoma è probabilmente la più nota dell’intero arco alpino. Durante numerosi tentativi, una spedizione di sette uomini, capitanata dal britannico Edward Whimper, raggiunse la Vetta nel 1865. Fu il preludio alla tragica discesa, che vide perire quattro elementi della cordata; il fascino della sfida, oltre la razionalità, oltre l’incoscienza, la montagna è anche questo.

La corsa agli “Ottomila”

Everest & Nuptse
Everest & Nuptse

Il ventesimo secolo fu teatro invece della competizione himalayana fra le più importanti nazioni, per la conquista delle quattordici vette oltre gli ottomila metri.
In primo piano anche l’Italia, con la salita nel 1954 della seconda montagna del pianeta, lo splendido ChogoRi, più noto come K2 (m. 8609), bello e maledetto. Autori dell’impresa, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, con il contributo decisivo del grande Walter Bonatti.
Negli anni ottanta, la corsa agli “Ottomila” si spostò a livello individuale, sul primo uomo in grado di scalare tutti i quattordici giganti. protagonisti il fortissimo polacco Jerzy Kukuczka ed il grande Reinhold Messner, vincitore della sfida con la salita al Lhotse (m. 8516), nel 1986.
Le imprese sono continuate nei decenni successivi, itinerari impressionanti, vie sempre più estreme, tutto in velocità, con la massima leggerezza: quello che pochi anni prima pareva impossibile si è avverato, i limiti si spostano, ma verso dove?

A me è accaduto l’opposto, col passare degli anni il significato di Vetta ha lasciato maggiore spazio a quello orizzontale.
Da itinerari tecnicamente abbastanza impegnativi, mi sono orientato verso esperienze diverse, sempre con la montagna in primo piano, ma più “intimamente avventurose”.
Il mio significato di Vetta è divenuto mano a mano più personale ed originale. Vetta significa qualsiasi traguardo io abbia di fronte, piccolo o grande che sia, da raggiungere con passione e determinazione.
Uno degli aspetti che differenzia le persone normali da quelle speciali ritengo sia anche questo; sempre una Vetta di fronte a noi da conquistare.
Una Vetta per essere più completi, una Vetta per essere migliori, una Vetta per essere…felici.

 

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2 Comments

  1. le sensazioni che si provano raggiungendo la propria vetta (se vogliamo estenderlo ad altri aspetti della vita, la propria meta) sono impagabili. chi non ha mai provato non può capire cosa spinge un camminatore a ricercare sempre di raggiungere e superare la propria vetta, i propri limiti

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