Il ghiaccio dell’Ebro

Il volto più duro dell’Appennino

Lo avevamo raggiunto dodici mesi orsono dal versante sud-orientale, con partenza da Capanne di Cosola, transitando per il Monte Chiappo.
Le condizioni ambientali, di innevamento e soprattutto di vento, ci erano parse proibitive, gran sole ma un gelido Grecale molto intenso.
Rispetto al trekking recentemente affrontato per il versante nord-occidentale, con partenza da Pobbio, fu letteralmente una passeggiata di salute: il Monte Ebro.

Un simbolo della nostra Provincia
Montagna conosciuta ed amata dagli appassionati, anche geograficamente piuttosto importante, in quanto maggior elevazione della Provincia di Alessandria con i suoi 1700 metri.
L’itinerario che descriviamo ha origine da Pobbio (m. 1130/ 8,5 km da Cabella Ligure).
Percorso già noto a chi ci segue sul nostro sito: 10 km a/r su terreno piuttosto agevole e dislivello discreto di 570 metri, giusto connubio fra fatica e divertimento.
L’aspetto sul quale vogliamo focalizzarci, sono le condizioni ambientali e meteorologiche che abbiamo incontrato, destinate a rimanere scolpite nella nostra memoria.

Il gelo
Alla partenza, il Grecale si presenta già preoccupante, il primo terzo del percorso tuttavia, complice la quantità modesta di neve, scorre piuttosto tranquillo sino al Colle Trappola (1,7 km/ m. 1290).
Poco dopo, verso il Monte Roncasso, va in scena lo spettacolo.
Nonostante il nostro abbigliamento tecnico pressoché inappuntabile, l’intensità del vento ci mette a dura prova; sulla lunga diagonale verso la sella che prelude al versante ovest del Monte Cosfrone, il nostro non sviluppatissimo istinto di conservazione ci impone di rinunciare.
Un’irresponsabile e misteriosa forza di volontà ci spinge invece a proseguire.
Sul duro pendio verso il Cosfrone, la mente è unicamente focalizzata sulla Croce dell’Ebro, che saremo destinati ad incontrare per qualche breve istante.

Apocalisse sulla cresta
Sulla pianeggiante cresta finale verso il nostro obiettivo, va in scena l’apocalisse.
Forti della nostra lunga militanza invernale in queste zone, non abbiamo memoria di aver incontrato condizioni così estreme.
Le raffiche strappano letteralmente i nostri piedi dal terreno, in un turbinio di neve che trova spazio in qualsiasi piega dei nostri vestiti; andiamo alla ricerca dei maggiori accumuli di neve (30 cm) per un minimo di stabilità in più.
In stato di semi-incoscienza, tocchiamo la croce sommitale, per poi precipitarci sulla via del ritorno, fortunatamente con il vento alle spalle, anche se il primo attimo di tregua giunge nei pressi del Colle Trappola.

Respiro
Gli ultimi 30 minuti verso Pobbio, ripristinano le nostri funzioni vitali, il tepore dell’automobile ci rende coscienti finalmente dell’avventura vissuta in quello che in condizioni normali rappresenta un trekking agevole.
La soddisfazione è comunque grande, una memorabile prova superata: oggi l’Appennino ci ha mostrato il suo volto più duro.

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4 Comments

  1. Qualsiasi persona normale direbbe: “Meno male che non c’ero!”. A me invece girano le scatole perché mi sono perso un’esperienza simile…la prossima volta starò più attento, anche se mai avrei pensato quel giorno a condizioni così estreme sul nostro Monte

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